Zuckerberg annuncia una superintelligenza personale integrata in occhiali intelligenti capaci di interagire con noi in modo continuo. Una visione potente, ma che apre interrogativi su privacy, controllo e autonomia. Prima di adottare wearable invisibili, dobbiamo chiederci quanto siamo pronti a lasciare che l’IA entri nel nostro spazio più intimo.
Lo studio di Apple “The Illusion of Thinking” ha riacceso il dibattito sulle capacità di ragionamento dell’AI. I modelli generativi, quando affrontano compiti complessi, mostrano limiti evidenti: si ritirano, sbagliano, si scoraggiano. Non “pensano”, ma imitano linguaggio. E le allucinazioni — risposte plausibili ma false — sono una conseguenza del loro stesso addestramento. Questo paper non sorprende, ma è fondamentale perché ci ricorda che l’AI non è ancora intelligente: è performativa, non cognitiva. Per costruire sistemi sicuri servono conoscenza, consapevolezza e umiltà.
È ufficiale: Jony Ive, la mente creativa dietro i prodotti Apple, collaborerà con OpenAI di Sam Altman per creare nuovi dispositivi AI, segnando l'inizio di una nuova era di interazione uomo-macchina.
In molti parlano di adozione della tecnologia. Noi la rendiamo naturale. Semplice. Fluida. Intelligente.
